Giorno 1 Pechino – Città Proibita – Nido d’Uccello
L’efficienza che io e Paolo troviamo in aeroporto alle 8.00 del mattino è stupefacente, in mezz’ora siamo fuori con le valigie al nostro fianco.
Ordine, velocità, gentilezza e per smentire un’altra nostra credenza errata, il cielo è di un azzurro meraviglioso.
Prima girovaghiamo alla ricerca di un ATM, poi ci arrendiamo e chiediamo ai passanti. Con la difficoltà delle prime comunicazioni, capiamo che non sarà un viaggio semplice. Troviamo lo sportello e preleviamo il massimo consentito, qui i contanti servono più di quanto si possa pensare e dopo un’altra mezz’ora siamo dentro un taxi diretti verso il centro.
Grazie ad una buona preparazione prima della partenza, ci è bastato mostrare al tassista il foglio con il nome in cinese dell’hotel. Almeno così credevamo. L’hotel non si trova, poi si trova, paghiamo e salutiamo e l’hotel non si trova più.
Chiediamo informazioni ad un passante, che ovviamente non conosce l’inglese, ma grazie al nostro fidato foglio e alla sua connessione internet, ci indica dov’è e facendo il giro dell’isolato lo troviamo. Era quello che avevamo di fronte fin dall’inizio.
Cerchiamo di parlare con la signora all’ingresso, niente, mostriamo di nuovo il foglio. Lei ci porta agli ascensori e noi saliamo. Ma dove??
Quindi scendiamo e capiamo che avremmo dovuto aspettare davanti agli ascensori una ragazza che ci avrebbe accompagnato alla reception. Al nono piano. Come non averlo intuito?!
Questa creatura, di una timidezza commovente, ostenta una decina di parole in inglese e già ci sembra una conversazione strutturata.
L’appartamento è bello, grande, con una vista mozzafiato dal quindicesimo piano. Ma noi non possiamo fermarci e, in perfetto orario con la tabella di marcia, ci diamo due colpi di deodorante, ripassiamo con le dita i numeri da 1 a 10, perché qui li contano diversamente, e partiamo.
Alla scoperta della Città Proibita
Prendere e cambiare le metro risulta facile e i cinesi ci vengono in supporto per fare i biglietti.
Da qui in avanti ci rendiamo conto che ogni cento metri passiamo sotto un metal detector, a partire dalle stazioni della metro fino al marciapiede che porta a Piazza Tienanmen.
E ce la troviamo davanti, la più grande piazza pubblica al mondo, simbolo della grandezza del comunismo, per niente attraente, decisamente di impatto, palese nel suo significato. Ma le giriamo subito le spalle, perché sullo stesso asse, che spacca la città in due seguendo i valori del Feng Shui, c’è lei: la Città Proibita.
Ha ospitato 24 imperatori per più di 500 anni, ampia 720 mila metri quadrati, quasi 9.000 stanze.
È la più grande struttura al mondo fatta di solo legno e senza neanche un chiodo.
Questa rappresentazione divina era, appunto, proibita a chiunque non fosse ufficialmente invitato, altrimenti si pagava l’impudenza con la vita. Chi glielo racconta a quelle dinastie che nel ventunesimo secolo sarebbe diventata un museo aperto a milioni di visite, nonché set cinematografico dell’Ultimo Imperatore?
Grandiosa, imponente, vasta, talmente tanto che le migliaia di persone che camminano insieme a noi non riescono a disturbare quella pace e quella tranquillità.
Con i biglietti saggiamente acquistati su internet, entriamo attraverso la Porta di Mezzogiorno, che un tempo era a uso esclusivo dell’Imperatore, immaginando gong e campane che suonavano ad ogni suo passaggio.
Da qui l’Imperatore ispezionava gli eserciti, decideva la sorte dei prigionieri, annunciava il calendario del nuovo anno e assisteva alle fustigazioni di chi lo aveva infastidito.
Per far comprendere le grandezze, il cortile successivo era in grado di accogliere anche 100 mila persone, lo Stadio Olimpico a Roma per un concerto ne contiene 70 mila.
Arriviamo poi ai Tre Palazzi, il cuore della Città Proibita, poggiati su una piattaforma di marmo a tre livelli, al tempo trasportata facendola scivolare su enormi lastre di ghiaccio. La follia!
Attraversiamo il Palazzo dell’Armonia Suprema, all’interno ci troviamo davanti al Trono del Drago, da dove l’Imperatore comandava i suoi sottoposti, i quali, dopo aver toccato il pavimento con la fronte per nove volte al loro ingresso, restavano al suo cospetto tremanti di paura. Oggi l’unico tremolio è quello delle aste da selfie.
Ci fermiamo all’altezza delle camere nuziali a mangiare un hamburger preso prima di passare la biglietteria, sapendo che all’interno non esiste un punto ristoro. Ed è subito jetleg. Io resisto, Paolo può invece affermare di aver dormito davanti al Palazzo della Tranquillità Terrestre, centro delle attività per le concubine del palazzo. Quale migliore rappresentazione di una regina stremata dai suoi vizi!
Una volta ripresi, continuiamo attraverso i giardini, una meraviglia dell’architettura da godersi senza seguire un solo percorso. Viene da rimproverare una leggera decadenza degli esterni, ma poi riflettiamo sulla complessità di manutenzione di una struttura simile.
Il Nido d’Uccello
Quando arriviamo all’uscita a metà pomeriggio, ci fermiamo giusto per un caffè e scegliamo di visitare lo stadio. Cambiamo due metro, e dopo una lunga passeggiata arriviamo davanti alla più grande struttura in acciaio del pianeta Terra.
110 mila tonnellate, costata 325 milioni di euro, il Nido d’uccello è uno spettacolo avveniristico, il simbolo del potere economico che ha visto al lavoro migliaia di uomini per anni. Un pezzo meraviglioso di pura ingegneria in mezzo ad uno spazio sconfinato che ha ospitato tutto il necessario per dare vita alle Olimpiadi del 2008.
Torniamo verso casa capendo che la Cina punta sui numeri, punta sui record, sui simboli di potenza e sta riuscendo a puntare anche su una maggiore educazione sociale.
Per strada tanti motori elettrici, in giro si vedono le file e non le masse, sputano ancora a terra e ignorano i pedoni, ma come primo impatto sorprendono positivamente smentendo diversi pregiudizi.
Fanno anche finta di capire per tagliare corto. A cena abbiamo mangiato tirando a caso, senza sapere davvero cosa abbiamo messo sotto i denti e al posto del dessert ci hanno portato il conto.
E ora svengo definitivamente, col pensiero che siamo in Cina e che domani dobbiamo continuare a scoprire la Capitale.