La Cina vanta con fierezza uno dei più ricchi e antichi metodi di evoluzione personale: la Musica.
La musica classica cinese purifica il pensiero, calma mente e corpo ed eleva lo spirito.
Quando si parla di musica cinese ci si riferisce alla musica d’orchestra, alla musica dell’Opera e alle esibizioni strumentali soliste. Personalmente, se chiudo gli occhi sento la musica del ristorante cinese, immagino una melodia malinconica, particolari strumenti a corde, voci soavi e leggere, spesso femminili, che accompagnano delicatamente le pennellate dei paesaggi naturali tipici.
Effettivamente in Cina la musica si è sviluppata da poesie e versi, su un modello che ricalcasse la natura per esercitare il suo potere di muovere le emozioni e comunicare col mondo invisibile. Anche se oggi i giovani cinesi sono maggiormente attratti dalle musiche in stile occidentali e ignorano l’importanza della tradizione e del potenziale che la musica porta con sé, la Cina è conosciuta come lo Stato della musica rituale. Questo perché è un’arte che ha avuto un ruolo importante nello sviluppo della personalità, della vita culturale e dell’etichetta nazionale.
Storia, Miti e Filosofia
L’arte melodica cinese è uno dei più antichi e sviluppati tesori al mondo. I primi ritrovamenti archeologici in campo musicale sono delle ocarine di argilla e dei flauti d’osso, portati alla luce in alcuni villaggi Neolitici nell’Henan. Questi svelano i primi rudimenti di una cultura musicale che risale a circa 8000 anni fa e sono i più antichi strumenti musicali mai rinvenuti sul Pianeta. Nella letteratura storica comunque, i primi riferimenti risalgono al periodo di Huang Di, l’Imperatore Giallo del 2700 a.C.
Secondo la leggenda, Huang Di stava ascoltando i richiami di un fenghuang, un incantevole uccello mitologico simile alla fenice, quando riconobbe nel suo canto l’essenza della natura stessa. Decise quindi di riprodurre questo suono per realizzare l’armonia tra il suo regno e l’universo.
Inviò il suo fidato ministro Ling Lun alla ricerca di alcune canne di bambù che emettessero il richiamo dell’uccello. Ling Lun giunse fino alle montagne occidentali, dove trovò il bambù più pregiato e ne realizzo delle canne sonore. Accompagnato dal canto del fenghuang le accordò sui suoi versi e giunse a creare un sistema musicale a dodici toni, l’armonia del cielo e della terra.
Come tutte le arti cinesi, la musica ha una tradizione millenaria e ne esprime in maniera olistica la filosofia, gli ideali sociali e la cultura.
Si fonda sul simbolismo dei Cinque Elementi e dello Yin-Yang. La musica fluida, espressiva, leggera ed energica al contempo, lascia scorgere la limpidezza e la complessità della natura. In virtù delle forti analogie con il ritmo, il flusso, il movimento, l’equilibrio e la stessa armonia, i suoni erano messi in relazione con l’ordine dell’intero universo.
Era energia in movimento, proprio come il Qi, il Soffio, e secondo gli antichi saggi questa somiglianza non poteva essere trascurata. Così i principi su cui si basava la vita e il creato, con le energie, le stagioni, le direzioni cardinali, ogni materiale e la stessa fisiologia umana, erano in profonda relazione con la musica, la influenzavano e ne erano influenzati.
Questi aspetti filosofici però non vanno intesi come semplici nozioni per la contemplazione dell’armonia e ancor meno per l’intrattenimento. Anche se per il popolo poteva avere questo scopo, la musica a palazzo era presa molto sul serio. L’imperatore inviava dei ministri dedicati a origliare quali melodie fossero ascoltate nel regno, per essere aggiornato sull’umore dei suoi sudditi. Nei casi di bisogno poteva porre il veto su alcune musiche e promuoverne altre che orientassero le persone lontano da impulsi corporei, di ribellione o disordine.
Confucio: il filosofo della musica cinese
Molti filosofi cinesi hanno condizionato e dato una direzione alla musica, ma Confucio è riconosciuto come colui che l’ha influenzata in maniera profonda e ne ha definito le regole. Già dalle dinastie precedenti Shang e Zhou, gli antichi attribuivano grande importanza all’influenza della musica, che stabiliva il segno dell’ascesa e della caduta di un Paese. Ma fu grazie a Confucio che la conoscenza musicale nella civiltà cinese iniziò a designare uno status culturale superiore.
Per Confucio, la musica giusta era quella che assolveva allo scopo di regolare il comportamento delle persone, perché seguissero le norme sociali in modo appropriato. Doveva essere in sintonia con un ordine terreno, specchio dell’ultraterreno, adatta ad indurre obbedienza all’autorità, in una collettività governata da riti e cerimonie. Andava quindi categorizzata a seconda degli usi: per banchetti (yanyue), rituali (yayue), per accompagnare le danze militari (wuwu) e civili (wenwu).
Per stabilire la pace e trasmettere una condotta adeguata, era importante che fosse generalmente musica semplice, che inducesse tranquillità. Persino il modo di suonare gli strumenti doveva seguire una tecnica e delle precise movenze adatte a veicolare questi stati. La musica era un mezzo trasversale per raggiungere obiettivi politici, sociali, filosofici, umani e divini, ma poneva in primo piano la collettività a scapito dell’inventiva individuale. A meno di una conoscenza approfondita di rituali e classici, la creatività non era apprezzata in alcuna arte e doveva essere preceduta dalla ragione, l’ordine, il metodo.
Confucio era un ottimo insegnante di musica ed era egli stesso un musicista talentuoso, in grado di suonare diversi strumenti musicali e in particolare il GuQin, un’antica cetra a sette corde.
L’uso della musica per educare le persone era per lui indispensabile e la annoverava tra le Sei Arti.
Erano tutte materie fondamentali per l’istruzione, talenti da padroneggiare per lo sviluppo del benessere morale nel nobiluomo. La musica era seconda solo ai rituali cerimoniali, che erano il fondamento dei suoi insegnamenti, ma veniva prima del tiro con l’arco, della guida delle bighe e addirittura prima della calligrafia e del calcolo matematico.
Confucio raccolse dalle Dinastie precedenti i testi importanti come il Libro delle Odi (诗经 Shi Jing) e il Classico dei Riti (记 Lǐjì), utili a comprendere le forme, i principi e le finalità della musica tradizionale.
Nei versi 8.8 de I Dialoghi (论语 LUN Yǔ), libri confuciani per eccellenza, si può leggere: “Trova ispirazione nelle Odi, prendi il tuo posto col Rituale e ottieni la perfezione con la Musica”, in realtà Confucio sta esponendo ad un allievo il suo metodo multi-disciplinare, ma questi versi ci aiutano a comprendere l’importanza che aveva la musica.
Mentre la poesia serviva con la sua bellezza per introdurre agli studi educativi dei rituali, la musica rappresentava il loro vero e proprio completamento, per convogliare la propria essenza ed esprimere le virtù del junzi, il nobiluomo ideale.
Nei versi 14.42 invece, è descritto un episodio curioso in cui Confucio suonava il BianQing, uno strumento musicale realizzato con delle pietre appese. Un uomo passò davanti alla porta della sua residenza e osservò: “Chi suona le pietre in questo modo ha sicuramente cuore”. Poi tese l’orecchio ad ascoltare meglio e aggiunse: “Quanto è spregevole questa meschina testardaggine. Se nessuno ti capisce, tenditi a te stesso!” e se ne andò.
Confucio in quel periodo attraversava una fase della sua vita in cui tentava di convincere ogni sovrano degli Stati Combattenti perché promuovesse il suo metodo, ma praticamente non riuscì mai nel suo intento. Il viandante, che non era una persona qualunque, seppe ascoltare la musica di Confucio e percepì il suo enorme cuore, ma ascoltando meglio avvertì anche la frustrazione per i suoi insuccessi. La musica quindi aveva il potere di trasmettere all’istante ciò che c’era all’interno delle persone, come una sorta di strumento diagnostico in grado di rivelare lo stato emotivo e il carattere morale di chi suonava.
Non sappiamo se la sensibilità e l’orecchio dei cinesi nel 700 a.C. fossero così sottili, ma non si fatica ad immaginare quanto queste convinzioni celassero qualcosa di abbastanza verificabile da ognuno di noi. Tutti percepiamo una differenza nelle emozioni espresse da Beethoven, da Justin Bieber o dai Sepultura e chi ha un po’ di esperienza con uno strumento, sa di non suonare sempre allo stesso modo. Sa che suonando lo stesso brano può trasmettere le diverse emozioni che prova, che cambiano a seconda che si trovi in un momento più triste, arrabbiato o gioioso.
I pericoli della Musica
Sappiamo che il regno della musica si estendeva ai principi di Yin e Yang, ai numeri, agli elementi, alle stagioni e ai materiali. Così anche gli strumenti musicali potevano essere categorizzati su questi parametri, fino ad arrivare ad una sorta di orchestra terapeutica, espressione dell’armonia del Dao e adatta ad indurre equilibrio energetico. Lo strumento musicale insomma era visto dai saggi più come un oggetto magico strettamente legato al tutto ed in grado di mettere in contatto col mondo invisibile. Chi lo suonava esercitava questi poteri divini dal potenziale tanto benefico quanto pericoloso.
Zhuangzi ad esempio sottolineava l’importanza di ritornare alla spontaneità e alla semplicità, ricordando che se ci si lascia trasportare dai suoni seducenti della musica prodotta dell’uomo, non si può essere in grado di sentire quelli della Natura che riflettono una concezione estetica della spiritualità.
Xunzi, discepolo Confuciano, al capitolo XIX sulla musica del suo omonimo saggio, esordisce dicendo: “La musica è gioia, è quella parte delle emozioni umane da cui di certo non ci si sottrae, per questa ragione l’uomo non può fare a meno della musica”. Non a caso, all’interno del carattere yue 樂, è racchiuso sia il significato di musica che quello di gioia. Ma, viste le tendenze egoistiche e immorali dell’essere umano, la nascita spontanea della musica dal xin (心 mente/cuore) era potenzialmente pericolosa. Se nel xin giaceva del dolore i suoni manifestati sarebbero stati contratti, mentre se era toccato dalla felicità i suoni sarebbero stati allegri, contagiando chi ascoltava.
Per questo non era sufficiente usare gli strumenti giusti con le tecniche giuste, la musica doveva essere suonata da un nobiluomo e doveva essere in armonia con il contesto in cui veniva espressa. C’erano infinite musiche, proprie di regioni diverse, da suonarsi solo in certe circostanze e in certi momenti del giorno o dell’anno, capaci di suscitare le più diverse reazioni negli uomini e nella natura, ma con l’unico scopo di indurre una relazione armonica fra Cielo e Terra. Ogni squilibrio per eccesso o difetto avrebbe causato danno e malessere e, dato il complesso sistema di corrispondenze del pensiero cinese, la musica non poteva certo essere più semplice.
Anche Mozi, pensatore utilitarista vissuto nei primi anni degli Stati Combattenti, arrivò addirittura a considerare la musica uno svantaggio per il popolo. I governanti la usavano per distrarre e influenzare i sudditi ed indurli a pensieri e comportamenti poco virtuosi per l’individuo. Considerato il controllo e la pressione che allora esercitava il sovrano sulla musica, non si fatica a comprendere cosa abbia portato Mozi a questi pensieri. Ci è facile volare con la mente in un’analogia coi giorni nostri, dove televisione e Internet siano tanto un meraviglioso strumento che ci permette di trasmettere conoscenza ed emozioni, quanto un mezzo utilizzato da chi ne conosce gli aspetti più profondi, per distrarre ed influenzare i comportamenti delle persone. Anche attraverso la musica stessa.